Risoluzione in commissione 7-00377
presentato da FIANO Emanuele
testo di Mercoledì 28 maggio 2014, seduta n. 235
La I Commissione,
premesso che:
alla luce dei numerosi riferimenti presenti sia nella parte I che nella parte II della Costituzione, si può certamente ritenere che la sicurezza pubblica costituisca un bene costituzionalmente tutelato, in quanto volto alla complessiva salvaguardia dei diritti di libertà dei cittadini;
compito dei pubblici poteri, infatti, è non solo quello di intervenire in chiave repressiva per arginare condotte che abbiano intaccato la sfera dei diritti individuali, ma altresì quello di promuovere l’effettiva garanzia dei diritti fondamentali, anche attraverso interventi che possano determinare le condizioni per una piena espressione della persona e della sua dignità;
tuttavia, si può ormai ritenere che i numerosi e ripetuti tagli di risorse che negli ultimi anni hanno riguardato il comparto della sicurezza e del soccorso pubblico, hanno dato vita di fatto ad un graduale e marcato cambiamento del modello di sicurezza in Italia;
particolarmente problematiche si sono rivelate in tal senso le previsioni dell’articolo 66, comma 9- bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto del 2008, n. 133 per gli anni 2010-2011, e il successivo blocco parziale del turn over fissato al 20 per cento per il triennio 2012-2014, al 50 per cento per l’anno 2015 e al 100 per cento a decorrere dal 2016; solo con la legge di stabilità 2014, poi, la facoltà assunzionale è stata in parte elevata al 55 per cento a decorrere dall’anno 2014, con previsione di elevare ulteriormente tale percentuale fino al 70 per cento per l’anno 2015. Si è determinato così un repentino e deciso innalzamento dell’età media di tutti gli operatori del settore, che supera i 45 anni di età ed è oggi tra le più alte d’Europa, con conseguenze tutt’altro che trascurabili: sul piano dell’efficienza in generale, su quello dell’efficacia degli interventi operativi delle forze dell’ordine, sul piano della lievitazione dei costi necessari per fronteggiare le esigenze di ordine e sicurezza pubblica, poste da un personale con un età così elevata che, se scorporata nelle qualifiche (gradi) intermedie (ispettori e marescialli) o apicali (funzionari-dirigenti e ufficiali), ha superato da tempo i 50 anni;
un ulteriore aggravio dei carichi di lavoro per il personale in uniforme è stato determinato dall’attribuzione di funzioni ordinariamente svolte da personale civile dello Stato, e non da operatori del comparto sicurezza, con inevitabile disagio organizzativo per un comparto a cui dovrebbero essere affidate solo le delicate funzioni dell’ordine e della sicurezza pubblica;
circostanza questa aggravata anche da una serie di politiche di recente introduzione, a carattere meramente securitario, che in generale hanno determinato soluzioni di dubbia costituzionalità, come nel caso delle previsioni normative in tema di sicurezza pubblica urbana affidata ai privati attraverso le ronde di cittadini o nel caso dei discutibili provvedimenti legislativi che assegnarono ai sindaci poteri di ordinanza superiori ai prefetti;
vi sono poi state iniziative legislative su temi delicati e complessi, come nel caso del reato di immigrazione clandestina, la cui introduzione ha finito per comportare un inutile aggravio della mole di lavoro degli operatori del settore, non adeguatamente compensata dalle risorse necessarie per fronteggiare l’accresciuto carico di lavoro specie in ordine pubblico;
va altresì considerato che il modello della polizia di sicurezza (attività di prevenzione) esistente nel nostro Paese è stato in parte modificato a causa delle esigenze sorte successivamente agli attentati terroristici del 2001, che hanno portato, come è noto, ad un aumento della tensione sul piano internazionale, con un conseguente incremento della consistenza delle forze impiegate nel contrasto al terrorismo internazionale;
anche alla luce dei principi costituzionali sopra citati, oggi non appare più sostenibile un modello di sicurezza e di soccorso pubblico determinato quasi esclusivamente da esigenze di bilancio, e dalle conseguenti ripetute politiche finanziarie dei «tagli lineari», nonché dal congelamento del reddito individuale e dei rinnovi contrattuali;
del resto la stessa legge n. 21 del 1981 – che da un lato aveva esaltato il carattere civile e democratico delle autorità di pubblica sicurezza e degli agenti e ufficiali di pubblica sicurezza, e dall’altro aveva ribadito che tale materia fosse necessariamente riservata allo Stato – è stata progressivamente erosa nelle sue finalità da una serie di interventi normativi, che ne hanno intaccato le linee portanti, oltre a produrre duplicazioni di compiti e funzioni, e la conseguente moltiplicazione dei centri di spesa e di spreco del denaro pubblico;
a fronte di ulteriori tagli previsti nel DEF appena approvato, e dell’annunciata spending review che riguarderà tutti i settori dello Stato, appare ineludibile ripensare un nuovo modello di sicurezza per il nostro Paese che, ferme restando le esigenze e gli obiettivi di bilancio, ne ridisegni obiettivi, funzioni e organizzazione, anche al fine di rendere più efficace ed efficiente il lavoro svolto dagli operatori del comparto sicurezza, e dotandolo delle risorse necessarie a perseguire gli obiettivi istituzionali,
impegna il Governo:
a presentare al Parlamento, entro tre mesi, una relazione dettagliata sulle condizioni professionali e retributive degli operatori, sugli organici e sulle dotazioni di cui dispongono i diversi corpi e specialità, e sulla dislocazione sul territorio dei diversi presidi del comparto sicurezza e soccorso pubblico, al fine di valutarne l’idoneità e l’efficacia, quantitativa e qualitativa, per il raggiungimento degli obiettivi affidati dalla legge alla sicurezza nazionale, nonché a presentare un’analisi del quadro normativo esistente, sia a livello centrale, che a livello regionale e locale (compreso il sistema della polizia locale), che tenga conto in particolare degli effetti prodotti sul comparto sicurezza e del soccorso pubblico dalle disposizioni di legge entrate in vigore dopo la legge n. 121 del 1981;
a predisporre, previo esame delle competenti Commissioni parlamentari, ed entro il periodo indicato dal DEF, un piano di riforma che, salvaguardando il principio di specificità, renda più efficiente l’organizzazione dell’intero comparto sicurezza e del soccorso pubblico, compresi il tema del riordino delle carriere, per una effettiva valorizzazione delle professionalità, anche con l’obiettivo di consentire una migliore e più moderna organizzazione delle forze del comparto sicurezza e del soccorso pubblico sul territorio.
« Fiano, Rosato, Giorgis, Fabbri, Gasparini, Naccarato, Capozzolo, Villecco Calipari».