Cinque buone leggi…

Cinque buone leggi…

Mancano poco alla fine di questa legislatura e i prossimi mesi devono essere utilizzati per approvare leggi importanti che devono completare l’iter fra i due rami del Parlamento, hanno suscitato speranze e aspettative e che se approvate contribuirebbero a fare del nostro paese un paese più civile. Su quattro di queste, ad eccezione della legge sul fine vita, ho cercato di dare il mio diretto contributo nella stesura del testo.
1) IUS SOLI TEMPERATO
Ritengo un atto di grande irresponsabilità tenere bloccata la legge per il riconoscimento della cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri che lavorano regolarmente in Italia da almeno cinque anni. La non calendarizzazione del provvedimento in Senato nel mese di settembre costituisce un duro colpo alle speranze di tanti giovani italiani con o senza cittadinanza, ma io credo che fino all’ultimo dobbiamo agire perché chi dice no a questo provvedimento cambi idea e sostenga la legge. In primis il movimento cinque stelle che in questa legislatura si è sempre sottratto all’approvazione di qualsiasi legge tesa ad ampliare il riconoscimento di maggiori diritti.
E’ fondamentale precisare che la riforma della legge per il riconoscimento della cittadinanza, il cosiddetto “ius soli temperato” (ossia a seguito della verifica di alcuni requisiti), nasce su forte sollecitazione della società civile, in particolare da una legge di iniziativa popolare, sostenuta da 26 Associazioni di rilievo nazionale che hanno dato vita alla campagna “L’Italia sono anch’io” e che ha raccolto le firme di oltre 200.000 cittadini italiani a sostegno della proposta di legge. Con l’introduzione dello “ius soli temperato”, potrebbero acquisire la cittadinanza italiana i bambini e ragazzi nati in Italia dal 1999 in poi (ovvero ancora minorenni) i cui genitori erano già in possesso, al momento della nascita del figlio, del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra-UE) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini UE). I Permessi di soggiorno di lungo periodo non vengono riconosciuti a tutti, ma solo a chi è in possesso di alcuni requisiti: presenza legale in Italia da almeno cinque anni per motivi di lavoro, abitazione adeguata al nucleo familiare e in possesso del certificato di abitabilità, conoscenza della lingua italiana livello A2, reddito economico sufficiente al mantenimento del proprio nucleo familiare, non avere mai avuto problemi con la giustizia italiana. La cittadinanza per “ius soli”, ossia per nascita, non verrebbe quindi riconosciuta a tutti quelli che casualmente nascono in Italia, come molti politici e commentatori da mesi vogliono far credere all’opinione pubblica, ma solo ai figli di chi è in grado di dimostrare un livello di integrazione e di autonomia economica consolidata.
Secondo le regole dello “ius culturae”, potrebbero ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana i minori stranieri, nati in Italia o arrivati entro il compimento del dodicesimo anno di età, qualora dimostrino di avere frequentato regolarmente un percorso d’istruzione di almeno cinque anni nel territorio nazionale. La legge si rivolge dunque ai figli di cittadini stranieri che da anni vivono regolarmente in Italia ed hanno dimostrato nei fatti di avere accettato le regole della nostra convivenza civile, lavorando, pagando le tasse e rispettando le leggi italiane in tutto per tutto. Il riconoscimento della cittadinanza è un elemento aggiuntivo per consolidare il processo di integrazione portato avanti dai genitori nel momento in cui hanno scelto di vivere legalmente nel nostro paese, rafforzare il senso di appartenenza al paese in cui si vive e si è imparato a condivide la cultura è la più efficace arma contro la radicalizzazione e a tutela della sicurezza nazionale, come ha più volte avuto modo di dire anche il ministro Minniti, fortemente impegnato sui temi della sicurezza. Una legge che potrà consentire a chi lo chiederà (perché la cittadinanza va richiesta, non viene attribuita automaticamente) di sentirsi pienamente accettati nel paese in cui si è scelto di far crescere i propri figli e che si contribuisce a sostenere. Vorrei ricordare che il lavoro degli stranieri regolari in Italia produce l’8,5 % del PIL nazionale pari a 120 miliardi di euro. Non dobbiamo soccombere di fronte a chi alimenta la paura, per speculazioni elettorali. La cittadinanza ai bambini nati o cresciuti in Italia, non ha nulla a che fare con l’emergenza migratoria che l’Italia e l’Europa stanno vivendo.

2) Misure a tutela degli ORFANI DI crimine domestico
Sempre al Senato è ferma la proposta di legge A.C. 3772, che mira a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico. Con questa legge si vogliono finalmente introdurre nel nostro ordinamento delle misure volte a garantire tutele più ampie per tutti coloro che restano orfani in seguito ad un delitto compiuto in ambito domestico, perché le istituzioni devono farsi carico delle conseguenze che tali crimini determinano sui figli delle vittime. In tanti ci indigniamo di fronte al bollettino di guerra quotidiano in cui apprendiamo di azioni drammatiche di violenza domestica, gli omicidi domestici e i femminicidi sono un fenomeno diffuso, che lo Stato ha il dovere di contrastare, sul piano culturale e giudiziario, ma pochi sanno che il Senato da diversi mesi sta tenendo bloccata una legge a tutela di chi è vittima due volte, per la perdita di uno o entrambi i genitori e per mancanza di tutele giuridiche ed economiche, perché non vuole che la legge prenda in considerazione gli eventuali orfani di crimini domestici compiuti nell’ambito di coppie LGBT. Ancora una volta un pregiudizio ideologico blocca le tutele chi nel nostro paese vive una situazione di grande difficoltà. La legge non intende introdurre subdolamente le adozioni nell’ambito di coppie LGBT, ma tutelare chi dovesse trovarsi in tale circostanza, perché bambini adottati da coppie LGBT ci sono già, a prescindere dal riconoscimento di legge, e se i bambini esistono, non si può far finta che non ci sono perché quell’idea non ci piace.
Le istituzioni devono farsi carico delle conseguenze giuridiche ed economiche che i crimini determinano sui figli delle vittime, dobbiamo aggiornare il nostro quadro giuridico e definire interventi in grado di dare risposte puntuali, affinché questi figli non siano orfani tre volte, per la perdita di entrambi i genitori e per l’indifferenza dello Stato. Una ricerca presentata proprio alla Camera dei deputati lo scorso settembre ha evidenziato che in quindici anni, a partire dal 2000, sono stati oltre 1.600 i figli che hanno perso la madre per mano del padre o del convivente e che sono costretti ad affrontare sia il dramma di quanto accaduto – a volte addirittura avendo assistito per anni alle violenze e in ultimo al delitto – sia una serie notevole di problemi e di difficoltà pratiche ed economiche. L’Assembla della Camera dei deputati ha approvato il testo il 1° marzo 2017.
La legge prevede: il gratuito patrocinio per gli orfani di uxoricidio; il sequestro conservativo del patrimonio del familiare rinviato a giudizio per omicidio e l’anticipazione di una provvisionale a favore degli orfani; la sospensione del pagamento della pensione di reversibilità della vittima a favore del coniuge o avente diritto se rinviato a giudizio per l’omicidio del partner e il pagamento della stessa a favore dei figli se presenti; la sospensione della successione del rinviato a giudizio dall’asse ereditario della vittima in corso di processo e indegnità a succedere automatica in caso di condanna definitiva (senza la necessità di dover aprire un procedimento civile in tal senso); una quota di riserva a favore degli orfani di crimine domestico nelle assunzioni; l’accesso gratuito ai servizi di assistenza medico-psicologica; preferenza per la continuità affettiva tra il minore e i parenti fino al terzo grado nell’affidamento degli orfani di crimini domestici; decadenza dall’assegnazione di alloggio pubblico per gli autori di violenze domestiche; istituzione di un fondo a favore degli orfani di crimini domestici.
Dobbiamo dare risposte a chi rimane vittima del crimine più atroce, la perdita di un genitore per mano dell’altro, possiamo aiutarli, non solo indignarci. Basta con le strumentalità politico-ideologiche. La Camera ha approvato all’unanimità il provvedimento con il contributo di tutti i partiti, Il Senato faccia altrettanto!

3) RIFORMA DELLA LEGGE SULLE CRISI D’IMPRESA E L’INSOLVENZA
L’Assemblea della Camera ha approvato, il 1° febbraio 2017, il disegno di legge n. 3671-bis-A, che delega il Governo ad operare un’ampia riforma della “disciplina delle crisi di impresa e dell’insolvenza” e che il Senato potrebbe licenziare. Disciplinare la crisi di impresa costituisce un obiettivo non rinviabile, sia perché l’attuale impianto risale al 1942 sia perché oggi le norme vigenti, sebbene parzialmente modificate ed aggiornate nel tempo, non rispondono ai bisogni del sistema economico e sociale del nostro Paese. Vengono definite in modo non equivoco due nozioni: la crisi, che non equivale ad insolvenza, ma implica un pericolo ed evoca un alert, e l’insolvenza (ex fallimento) una nozione già collaudata dalla giurisprudenza e dalla dottrina e che era opportuno modificare rispetto all’attuale formulazione normativa. Insomma, un approccio innovativo, anche lessicale, per esprimere una diversa nuova cultura per superare l’insolvenza, vista come evenienza fisiologica nella vita di un’impresa, da prevenire, eventualmente da regolare, ma da non coprire con pubblico e manifesto discredito. In particolare l’istituto dell’esdebitazione ossia della possibilità x l’insolvente di uscire dalla procedura dopo tre anni dall’inizio della procedura concorsuale, costituisce un’importante rivoluzione culturale. Infatti pur mantenendo la massima tutela dei diritti economici dei creditori, si consente all’imprenditore divenuto insolvente senza propria responsabilità di uscire dall’insolvenza e tornare a fare impresa. La nuova legge oltre ad allineare l’Italia alla normativa europea in materia, apre nuove opportunità di impresa nel nostro paese considerato che da una ricerca svolta due anni fa tra oltre 20 paesi industrializzati l’Italia risultava tra i paesi con più alta aspirazione a fare impresa, ma tra quelli maggiormente frenati proprio dalla paura di fallire. Nulla cambia, invece, in termini di punibilità per chi fallisce a seguito di condotte illecite attraverso dolo e comportamenti fraudolenti.
4) LA LIBERTÀ DI ATTRIBUZIONE DEL COGNOME AI FIGLI
Il Senato è altresì chiamato ad approvare il Testo unificato delle proposte di legge in materia di attribuzione del cognome ai figli (AC 360 e abbinate) che la Camera dei deputati ha approvato il 24 settembre 2014.
Il testo propone una modifica del codice civile in materia di attribuzione del cognome ai figli, facendo venire meno l’obbligo del cognome paterno e prevedendo la possibilità – con distinte soluzioni – di attribuire ai figli anche il cognome materno. Ciò, sia per ottemperare alla recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, sia per mettere il nostro ordinamento in linea con la maggior parte dei sistemi giuridici europei (in Spagna, Germania, Inghilterra e Francia) dove l’attribuzione del doppio cognome è previsto, da parecchi anni.
Si tratta dunque di disposizioni “dovute”, per riempire una evidente lacuna del nostro ordinamento, ma anche “rivoluzionarie”, perché permettono all’Italia di rompere con una concezione patriarcale della famiglia (così come sottolineato dalla Corte Costituzionale nel 2006, esprimendosi relativamente al sistema di attribuzione automatica del cognome paterno da noi in vigore).

5) FINE VITA – BIOTESTAMENTO
Il Senato ha ancora la possibilità di approvare definitivamente la legge sul biotestamento recentemente votata dall’Aula di Montecitorio, contenente le disposizioni sul consenso informato e le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, compreso il diritto al rifiuto delle cure. In sintesi, gli aspetti principali della legge riguardano il consenso informato, le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) e la pianificazione condivisa delle cure. Tra i punti fondamentali ci sono il fatto che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata. Il medico è tenuto quindi a rispettare la volontà espressa dal paziente. Sono previste norme a tutela dei minori e degli incapaci. In previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari e di scelte diagnostiche o terapeutiche, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali. Infine, nel caso di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da una inarrestabile evoluzione con prognosi infausta, il provvedimento prevede che ci possa essere una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, pianificazione alla quale il medico stesso sarà tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o si trovi in una condizione di incapacità.

Non solo legge elettorale e legge di bilancio. Ci sono altri numerosi provvedimenti altrettanto importanti che potrebbero essere approvati in via definitiva, utilizzare il tempo che resta per portare a buon fine queste leggi consentirebbe di chiudere la legislatura contribuendo non poco a ricucire il rapporto di fiducia fra istituzioni e cittadini.

Marilena Fabbri


Condividi:

No comments yet.

Join the Conversation