JOBS ACT: APPROVATI IN VIA DEFINITIVA I PRIMI DUE DECRETI ATTUATIVI.
Il testo del Jobs Act come approvato nella sua ultima stesura dal Senato: Jobs Act
Il Consiglio dei Ministri, nella giornata di venerdì scorso, ha approvato in via definitiva due dei cinque decreti attuativi della Riforma del Lavoro cosiddetto Jobs Act (Legge n. 183 del 2014), dopo che le commissioni competenti di Camera e Senato avevano espresso parere favorevole con osservazioni.
Il decreto legislativo in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto, per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti).
Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori. Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quella in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice.
La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi.
Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.
Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità)
In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.
Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.
La nuova disciplina si applica anche ai sindacati ed ai partiti politici.
Il secondo decreto legislativo, che reca disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, tratta invece i seguenti punti.
Il decreto introduce la Naspi, nuova assicurazione sociale per l’impiego. Vale per gli eventi di disoccupazione che si verificano a decorrere dal 1° maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La base retributiva della Naspi sono gli ultimi 4 anni di impiego (anche non continuativo) rapportati alle settimane contributive e moltiplicati per il coefficiente 4.33. La durata della prestazione è pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro. L’ammontare dell’indennità è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese e la durata prevista è di un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive degli ultimi 4 anni di lavoro. L’erogazione della Naspi è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale.
Viene introdotto in via sperimentale, per quest’anno, l’Asdi, assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.
Per i co.co.co (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è la l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori). Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento. Il suo importo e’ rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive.
Sempre nel corso dell’ultimo Consiglio dei Ministri sono stati varati altri due schemi di decreti attuativi che dovranno essere sottoposti al parere delle commissioni parlamentari.
1 )decreto legislativo che contiene il testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni. Questi i punti essenziali per il riordino delle tipologie contrattuali.
Contratti di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.). A partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto (quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza). Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi di collaborazioni.
Vengono superati: i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ed il job sharing.
Vengono confermate le seguenti tipologie:
Contratto a tempo determinato cui non sono apportate modifiche sostanziali.
Contratto di somministrazione. Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione, eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso (10%).
Contratto a chiamata. Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica, sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto.
Lavoro accessorio (voucher). Verrà elevato il tetto dell’importo per il lavoratore fino a 7.000 euro, restando comunque nei limiti della no-tax area, e verrà introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a chiamata.
Apprendistato. Si punta a semplificare l’apprendistato di primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e di terzo livello (alta formazione e ricerca) riducendone anche i costi per le imprese che vi fanno ricorso, nell’ottica di favorirne l’utilizzo in coerenza con le norme sull’alternanza scuola-lavoro.
Part-time. Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto).
Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale.
Mansioni. In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro).
Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali, “in sede protetta”, tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita.
2) decreto legislativo contenente disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, a norma dell’articolo 1, commi 8 e 9 della legge n. 183 del 2014.
Si tratta di un provvedimento che interviene, prevalentemente, sul testo unico a tutela della maternità (n° 151 del 26 marzo 2001) e reca misure volte a sostenere le cure parentali, a tutelare la maternità delle lavoratrici intervenendo, in alcuni casi, anche in settori che già erano stati oggetto di intervento da parte della Corte Costituzionale e non ancora recepiti in norma. Il decreto interviene, innanzitutto, sul congedo obbligatorio di maternità, al fine di rendere più flessibile la possibilità di fruirne in casi particolari come quelli di parto prematuro o di ricovero del neonato. Nel primo caso, infatti, i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum anche quando la somma dei due periodi superi il limite complessivo dei 5 mesi; nel secondo caso si prevede la possibilità di usufruire di una sospensione del congedo di maternità, a fronte di idonea certificazione medica che attesti il buono stato di salute della madre. Entrambe le soluzioni sono dirette a favorire il rapporto madre-figlio senza rinunciare alle tutele della salute della madre.
Il decreto prevede un’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12. Quello parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età del bambino a 6 anni; quello non retribuito dai 6 anni di vita del bambino ai 12 anni. Analoga previsione viene introdotta per i casi di adozione o di affidamento, per i quali la possibilità di fruire del congedo parentale inizia a decorrere dall’ingresso del minore in famiglia. In ogni caso, resta invariata la durata complessiva del congedo.
In materia di congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori, e quindi non solo per i lavoratori dipendenti come attualmente previsto, la possibilità di usufruire del congedo da parte del padre nei casi in cui la madre sia impossibilitata a fruirne per motivi naturali o contingenti.
Sono inoltre state introdotte norme volte a tutelare la genitorialità in caso di adozioni e affidamenti prevedendo estensioni di tutele già previste per i genitori naturali.
Oltre agli interventi di modifica del testo unico a tutela della maternità, il decreto contiene due disposizioni innovative in materia di telelavoro e di donne vittime di violenza di genere.
La norma sul telelavoro prevede benefici per i datori di lavoro privato che vi facciano ricorso per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti. In particolare, per il riconoscimento dei benefici si esclude dal computo dei limiti numerici previsti dalle leggi e dai contratti i telelavoratori che rientrino nella fattispecie individuata dal decreto.
La seconda norma introduce il congedo per le donne vittime di violenza di genere ed inserite in percorsi di protezione debitamente certificati e, quindi, si prevede la possibilità per queste lavoratrici dipendenti di imprese private di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo l’intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi. Viene anche introdotto il diritto di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale a richiesta della lavoratrice.
Le collaboratrici a progetto hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per analoghi motivi sempre per un massimo di tre mesi.
L’iter del decreto legislativo in materia di tutele crescenti e relativi approfondimenti
PARERE APPROVATO
La XI Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (atto n. 134), che costituisce il primo provvedimento attuativo della delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183;
evidenziato come le misure relative all’introduzione, per i nuovi assunti, del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, che determinano un ridimensionamento delle tutele in caso di licenziamento illegittimo, trovano un bilanciamento nel quadro di un sistema di interventi più ampio e comprensivo volto, in particolare, a rafforzare le tutele per i lavoratori che abbiano perduto involontariamente l’occupazione e a limitare il ricorso a contratti precari, promuovendo, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro, secondo quanto espressamente previsto dal criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 7, lettera b), della richiamata legge n. 183 del 2014;
auspicato che il provvedimento in esame contribuisca a promuovere, unitamente agli altri interventi messi in campo dal Governo, la ripresa dei livelli occupazionali e l’incremento della quota di assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato;
considerata favorevolmente la scelta del Governo di procedere in modo contestuale all’adozione del provvedimento in esame e di quello che rafforza le tutele in caso di disoccupazione involontaria, con ciò rendendo possibile un loro contemporaneo esame da parte della Commissione;
valutata positivamente, in questo contesto, la scelta compiuta dalla legge di stabilità 2015 in materia di incentivazione sul piano fiscale e contributivo dei contratti di lavoro a tempo indeterminato;
segnalata l’opportunità di una riconsiderazione delle caratteristiche degli sgravi contributivi ivi previsti per le assunzioni a tempo indeterminato al fine di assicurarne la massima efficacia sotto il profilo della creazione di posti di lavoro stabili e di qualità e di garantirne l’estensione anche agli anni successivi al 2015;
considerato che il provvedimento introduce esclusivamente una nuova disciplina delle tutele in caso di licenziamento per i lavoratori con qualifica non dirigenziale assunti dopo la sua entrata in vigore e, pertanto, devono intendersi applicabili anche ai nuovi rapporti di lavoro tutte le disposizioni vigenti relative ai contratti a tempo indeterminato che non attengano alla disciplina delle medesime tutele;
rilevato che il processo di privatizzazione dei rapporti di pubblico impiego comporta la necessità di una tendenziale omogeneità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati e che, come già evidenziato dal Governo, la materia dei licenziamenti nel pubblico impiego sarà affrontata nell’ambito del disegno di legge concernente la riorganizzazione delle amministrazioniPag. 61pubbliche, al momento in discussione al Senato (Atto Senato n. 1577);
osservato che l’articolo 2, comma 1, nel confermare il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro nei casi di licenziamenti nulli e discriminatori, non riproduce esattamente il contenuto dell’articolo 18, comma 1, primo periodo, della legge n. 300 del 1970, ma apporta alcune semplificazioni, eliminando, tra l’altro, il riferimento ai licenziamenti causati da un motivo illecito determinante ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile;
ritenuto che, per i licenziamenti ingiustificati ai quali non si applica la sanzione conservativa, occorra incrementare la misura minima e la misura massima dell’indennizzo economico dovuto al lavoratore;
considerato che, ai fini della definizione delle specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato per le quali viene confermato il diritto alla reintegrazione, va assicurata la salvaguardia del principio di proporzionalità tra la gravità dei fatti contestati e la sanzione del licenziamento;
osservato che l’articolo 3, comma 2, terzo periodo, reca disposizioni relative al calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali, nei casi ivi previsti di reintegrazione del lavoratore licenziato per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, che si discostano da quelle attualmente stabilite, per analoghe fattispecie, dall’articolo 18, quarto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni;
ritenuto, opportuno in relazione a quanto previsto all’articolo 3, comma 3, assicurare una tutela di carattere reintegratorio nelle fattispecie nelle quali, con riferimento a lavoratori assunti con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, si accerti che il licenziamento sia stato intimato in violazione dell’articolo 2110, secondo comma, del codice civile, in analogia a quanto previsto dall’articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni;
considerata l’opportunità di confermare l’applicazione senza eccezioni, anche per i lavoratori assunti con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, delle disposizioni in materia di onere della prova per i licenziamenti ingiustificati, con particolare riferimento all’articolo 5 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ai sensi del quale l’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro;
ritenuto che, come emerge anche dall’esame parlamentare svolto in occasione dell’approvazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, l’esclusione, per i lavoratori assunti con il nuovo contratto a tutele crescenti, dell’applicazione di sanzioni di tipo conservativo, con la previsione di indennizzi economici certi e crescenti con l’anzianità di servizio, prevista dall’articolo 1, comma 7, lettera c), della medesima legge n. 183 del 2014, deve intendersi riferita alle sole fattispecie relative a licenziamenti individuali, non essendo in discussione la disciplina dei licenziamenti collettivi di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni;
rilevato che l’applicazione della disciplina di cui al presente provvedimento anche ai licenziamenti collettivi determinerebbe un indebolimento del ruolo della contrattazione collettiva e delle procedure di confronto con le associazioni sindacali nella gestione dei licenziamenti relativi a esigenze tecnico-produttive e organizzative, che potrebbe rendere più difficoltosa la gestione dei processi di ristrutturazione aziendale;
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti condizioni:
all’articolo 10, sostituire il comma 1 con il seguente: 1. In caso di licenziamentoPag. 62collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, ai lavoratori di cui all’articolo 1 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 3, della medesima legge;
all’articolo 3, comma 1, provveda il Governo a incrementare la misura minima e massima delle indennità dovute in caso di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa, ferma restando la regola che prevede la corresponsione di un’indennità pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio;
provveda il Governo a rivedere la formulazione dell’articolo 3, comma 2, primo periodo, al fine di assicurare la reintegrazione nel posto di lavoro nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa in cui sussista una evidente sproporzione tra la sanzione del licenziamento e l’addebito disciplinare contestato;
e con le seguenti osservazioni:
a) valuti il Governo l’opportunità di precisare in modo espresso che le disposizioni di cui al presente provvedimento non si applicano ai rapporti di lavoro di pubblico impiego, in vista del complessivo riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in attuazione della delega di cui al disegno di legge concernente la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, attualmente all’esame al Senato (Atto Senato n. 1577);
b) valuti il Governo l’opportunità di escludere l’applicazione della disciplina di cui al presente decreto nei casi di instaurazione di nuovi rapporti di lavoro da parte di lavoratori in servizio all’entrata in vigore del presente provvedimento che passano alle dipendenze di imprese che subentrano in un appalto ovvero di processi di mobilità all’interno di un gruppo di imprese, che determinino la cessazione di un rapporto di lavoro in essere all’entrata in vigore del presente provvedimento e l’instaurazione di un nuovo rapporto nell’ambito di società controllate o collegate;
c) valuti il Governo l’opportunità di rivedere la formulazione dell’articolo 2, comma 1, primo periodo, dello schema al fine di uniformarla a quella dell’articolo 18, primo comma, primo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300;
d) con riferimento all’articolo 3, valuti il Governo l’opportunità di prevedere che, anche con riferimento ai licenziamenti di cui al presente provvedimento, l’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetti, senza eccezioni, al datore di lavoro;
e) valuti il Governo l’opportunità di chiarire se le modalità di calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali di cui all’articolo 3, comma 2, terzo periodo, debbano intendersi equivalenti a quelle previste per analoghe fattispecie dall’articolo 18, quarto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni;
f) valuti il Governo l’opportunità di prevedere che la tutela di carattere reintegratorio prevista dall’articolo 3, comma 3, si estenda anche ai casi nei quali il licenziamento è stato intimato in violazione dell’articolo 2110, secondo comma, del codice civile;
g) valuti il Governo l’opportunità di estendere l’applicazione all’intero provvedimento delle disposizioni, recate dall’articolo 6, comma 3, dello schema, in materia di monitoraggio degli interventi, attualmente riferite alle sole norme concernenti l’offerta di conciliazione.
Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati (Atto n. 135)
PARERE APPROVATO
La XI Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Atto n. 135);
rilevato con favore che il provvedimento, nel rimodulare la disciplina dell’ASpI e della mini-ASpI, individua requisiti per l’accesso alla NASpI meno stringenti di quelli previsti a legislazione vigente per il riconoscimento dell’ASpI;
osservato, in particolare, che, secondo i dati riportati nella relazione tecnica allegata allo schema in esame, per effetto delle innovazioni introdotte dal provvedimento, il numero dei soggetti che presentano requisiti utili ai fini della percezione della prestazione di assicurazione sociale per l’impiego aumenterebbe dal 96 al 97,2 per cento del totale dei lavoratori assicurati e crescerebbe sensibilmente la frequenza nell’accesso a detta prestazione;
valutato che la previsione di uno strumento di sostegno al reddito in caso di disoccupazione involontaria di carattere tendenzialmente universale assume particolare rilievo nel quadro di progressiva ridefinizione dell’ambito di applicazione degli ammortizzatori sociali;
giudicate, altresì con favore le disposizioni concernenti l’istituzione, in via sperimentale di un nuovo trattamento di sostegno al reddito destinato ai lavoratori titolari di un contratto di collaborazione, che presenta caratteristiche ispirate a quelle della NASpI e richiede il possesso di requisiti inferiori rispetto a quelli previsti a legislazione vigente per l’accesso alla indennità una tantum di cui all’articolo 2, commi da 51 a 56, della legge 28 giugno 2012, n. 92;
considerata positivamente l’introduzione, ancorché in via sperimentale, di un assegno di disoccupazione, che assicura, al termine della fruizione degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria, una prestazione di carattere assistenziale per i lavoratori in condizioni di maggior bisogno che non abbiano trovato una nuova occupazione;
segnalata, con riferimento all’articolo 14, l’opportunità di evitare il rinvio all’applicazione di altre disposizioni «in quanto compatibili», in linea con le raccomandazioni in materia di formulazione tecnica dei testi legislativi;
considerato che l’articolo 15 dello schema dà parzialmente attuazione al criterio direttivo di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), numero 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, relativo all’universalizzazione del campo di applicazione dell’ASpI, con estensione ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, fino al loro superamento, mediante l’abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito, l’eventuale modifica delle modalità di accreditamento dei contributi e l’automaticità delle prestazioni, e la previsione, prima dell’entrata a regime, di un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite;
rilevato che la disciplina di cui all’articolo 15 può considerarsi esaustiva della delega di cui alla legge n. 183 del 2014 nella misura in cui essa si intenda riferita ad una fase di sperimentazione a risorse definite da esaurirsi all’atto del superamento dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
ritenuto che, anche al fine di corrispondere al criterio direttivo della delega contenuta nella legge n. 183 del 2014, sia opportuno assicurare l’estensione della DIS-COLL fino al superamento dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
osservato che l’articolo 15, comma 15, e l’articolo 16, comma 8, rinviano, per la copertura degli oneri finanziari derivanti dall’estensione a periodi successivi a quelli considerati nel provvedimento delle disposizioni in materia di DIS-COLL e di ASDI, a stanziamenti previsti da successivi provvedimenti legislativi che rendano disponibili le occorrenti risorse finanziarie, richiamando in particolare quelle derivanti dai decreti legislativi di cui alla legge n. 183 del 2014;
segnalato che, nella relazione approvata dalla Commissione, nel corso dell’esame in seconda lettura della manovra di bilancio per il triennio 2015-2017, con riferimento allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017, si è evidenziata l’esigenza che, nel corso del presente esercizio, fosse effettuato un attento monitoraggio della spesa destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali e fosse garantita l’effettiva disponibilità di un ammontare di risorse tale da assicurare, da un lato, la copertura finanziaria degli interventi previsti dalla legge 10 dicembre 2014, n. 183, e, dall’altro, una adeguata tutela dei lavoratori beneficiari dei trattamenti, anche in deroga alla normativa vigente, attualmente previsti;
rilevato che, per effetto del provvedimento in esame e dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Atto n. 134), si determina un consistente utilizzo della dotazione del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, finalizzato a fare fronte agli oneri derivanti dall’attuazione dei provvedimenti normativi di riforma in materia di lavoro;
considerato, pertanto, essenziale individuare già nel corso dell’anno 2015 le risorse necessarie ad assicurare la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 15, fino al superamento del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, e all’articolo 16, anche al fine di assicurare la piena attuazione dei criteri di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), numeri 3 e 5;
evidenziato che l’articolo 17, comma 2, riconosce ai lavoratori illegittimamente licenziati il diritto a ricevere unvoucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, mentre il comma 1 del medesimo articolo 17 prevede uno stanziamento limitato a 50 milioni di euro nell’anno 2015 e a 20 milioni di euro nell’anno 2016;
rilevato che, in assenza di un rifinanziamento della misura ad opera di uno dei decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge n. 183 del 2014, secondo quanto stabilito dall’articolo 17, comma 5, del provvedimento, tale diritto avrebbe nel 2016 una portata assai più limitata di quella riconosciuta nell’anno 2015, mentre nell’anno 2017 sarebbe sostanzialmente privo di effettività;
evidenziato, altresì, che la piena operatività del contratto di ricollocazione di cui all’articolo 17 è subordinata all’adozione di un ulteriore decreto legislativo attuativo dell’articolo 1, comma 4, della legge n. 183 del 2014, che dovrà regolamentare la definizione del profilo personale di occupabilità dei lavoratori, i dirittie i doveri connessi alla stipula dei contratti di ricollocazione tra lavoratori e agenzie per il lavoro, l’ammontare del voucher, nonché il risultato occupazionale che l’agenzia deve conseguire per incassare il medesimo voucher;
segnalata l’esigenza di recepire il contenuto dell’intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano il 12 febbraio 2015;
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti condizioni:
all’articolo 7, comma 3, dopo le parole: entrata in vigore del presente decreto aggiungere le seguenti: , sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano,;
all’articolo 11, comma 1, alinea, premettere le parole: Ferme restando le sanzioni previste dal decreto di cui all’articolo 7, comma 3.
Conseguentemente, al medesimo comma 1, sopprimere la lettera b).
all’articolo 16, comma 6, alinea, dopo le parole: Ministro dell’economia e delle finanze aggiungere le seguenti: , sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano,;
sostituire l’articolo 17 con il seguente:
Art. 17. – (Contratto di ricollocazione). – 1. Il Fondo per le politiche attive del lavoro, istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è incrementato per l’anno 2015 di 32 milioni di euro provenienti dal gettito relativo al contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92. Nel rispetto dei principi del presente decreto, le Regioni, nell’ambito della programmazione delle politiche attive del lavoro, di cui all’articolo 1, comma, letterau), della legge 10 dicembre 2014, n. 183, possono attuare e finanziare il contratto di ricollocazione.
2. Il soggetto in stato di disoccupazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, ha diritto di ricevere dai servizi per il lavoro pubblici o dai soggetti privati accreditati un servizio di assistenza intensiva nella ricerca del lavoro attraverso la stipulazione del contratto di ricollocazione, finanziato ai sensi del comma 1, a condizione che il soggetto effettui la procedura di definizione del profilo personale di occupabilità, ai sensi del decreto legislativo di cui all’articolo 1, comma 4, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di politiche attive per l’impiego.
3. A seguito della definizione del profilo personale di occupabilità, al soggetto è riconosciuta una dote individuale di ricollocazione spendibile presso i soggetti accreditati.
4. Il contratto di ricollocazione prevede:
a) il diritto del soggetto a un’assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte del soggetto accreditato;
b) il dovere del soggetto di rendersi parte attiva rispetto alle iniziative proposte dal soggetto accreditato;
c) il diritto del soggetto a partecipare alle iniziative di ricerca, addestramento e riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali coerenti con il fabbisogno espresso dal mercato del lavoro, organizzate e predisposte dal soggetto accreditato.
5. L’ammontare della dote individuale è proporzionato in relazione al profilo personale di occupabilità e il soggetto accreditato ha diritto di incassarlo soltanto a risultato occupazionale ottenuto, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo di cui al comma 2.
6. Il soggetto decade dalla dote individuale in caso di:
a) mancata partecipazione alle iniziative previste dalle lettere b) e c) del comma 4;
b) rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, pervenuta in seguito all’attività di accompagnamento attivo al lavoro;
c) perdita dello stato di disoccupazione.
7. All’eventuale estensione del rifinanziamento del Fondo di cui al comma 1 per gli anni successivi al 2015 si provvede con quota parte delle risorse derivanti dai decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183.
e con le seguenti osservazioni:
valuti il Governo l’esigenza di individuare le risorse necessarie ad assicurare il riconoscimento della contribuzione figurativa, senza limiti di retribuzione, nei casi di fruizione della NASpI e della DIS-COLL, anche al fine di garantire adeguati trattamenti pensionistici grazie alla creazione di montanti contributivi più rilevanti e meno frammentati;
valuti il Governo l’esigenza di introdurre correttivi ai criteri di calcolo della durata della NASpI previsti dall’articolo 5 che tengano conto della necessità di non penalizzare i lavoratori stagionali, eventualmente prevedendo una disciplina transitoria per la detrazione, ai fini di tale calcolo, dei periodi che hanno già dato luogo ad erogazioni di prestazioni di assicurazione per l’impiego
con riferimento ai criteri di calcolo della durata della NASpI di cui all’articolo 5, valuti il Governo l’esigenza di garantire adeguate tutele per i lavoratori con età anagrafica più elevata che negli anni considerati ai fini della determinazione della durata del trattamento abbiano avuto una carriera contributiva discontinua, tenuto conto delle maggiori difficoltà esistenti ai fini di una loro ricollocazione;
con riferimento all’attuazione del principio di condizionalità ai fini dell’erogazione della NASpI, valuti il Governo l’opportunità di prevedere nel decreto di cui all’articolo 7, comma 3, che nell’ambito dei percorsi di riqualificazione professionale sia favorito il conseguimento, da parte dei lavoratori interessati, di qualifiche e diplomi di istruzione e formazione professionale, nonché di certificati e diplomi di specializzazione tecnica superiore, anche mediante il riconoscimento di specifici crediti formativi;
valuti il Governo l’opportunità di prevedere, all’articolo 16, comma 1, che, fermo restando l’ammontare delle risorse stanziate nell’ambito del Fondo di cui all’articolo 16, comma 7, l’ASDI sia riconosciuta anche a quanti nell’anno 2015 abbiano completato la fruizione dell’ASpI per la sua intera durata, siano privi di occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno;
valuti il Governo l’opportunità di rivedere i criteri di determinazione dell’ammontare dell’ASDI, individuati dall’articolo 16, comma 3, al fine di stabilire, fermo restando l’ammontare delle risorse stanziate nell’ambito del Fondo di cui all’articolo 16, comma 7, un importo in valore assoluto dell’assegno, correlato all’esigenza di garantire un livello di vita decoroso, escludendo un rapporto diretto tra l’ammontare della prestazione e quello dell’ultima indennità NASpI percepita;
con riferimento alla formulazione del provvedimento valuti il Governo l’opportunità di:
a) prevedere che il decreto di cui all’articolo 7, comma 3, individui le sanzioni anche per l’inottemperanza agli obblighi di partecipazione alle azioni di politica attiva di cui al comma 2 del medesimo articolo 7;
b) fare riferimento, all’articolo 13, comma 1, ai fini della corresponsione della NASpI nella misura di cui all’articolo 4, non solo al personale artistico, ma al personale artistico, teatrale e cinematografico,Pag. 83in conformità alla disciplina prevista a legislazione vigente in attuazione di quanto disposto dall’articolo 2, commi 1, 2, 38 e 69, lettera c), della legge 28 giugno 2012, n. 92;
c) individuare in modo puntuale, all’articolo 14, le disposizioni in materia di ASpI che permangono applicabili alla NASpI, anche al fine di agevolare la ricostruzione della nuova disciplina ed escludere incertezze nella sua applicazione, assicurando in particolare che:
1) l’ASpI continui ad essere riconosciuta fino al termine dell’anno 2015 ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali, secondo quanto previsto dall’articolo 3, commi 17 e 18, della legge 28 giugno 2012, n. 92;
2) ai fini del riconoscimento del diritto alla NASpI continuino a essere considerate equivalenti alla perdita involontaria dell’occupazione le dimissioni volontarie di cui all’articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelle avvenute per giusta causa;
d) rivedere le disposizioni dell’articolo 15, che introducono, per gli eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno 2015, una indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, al fine di assicurare un loro migliore coordinamento con la disciplina prevista a legislazione vigente dall’articolo 2, commi da 51 a 56, della legge 28 giugno 2012, n. 92, stabilendo in particolare che:
1) al primo periodo del comma 13, sia stabilito che i soggetti di cui all’articolo 2, commi da 51 a 56, della legge 28 giugno 2012, n. 92, fruiscano esclusivamente delle prestazioni dell’articolo 15 per gli eventi di disoccupazione relativi all’anno 2015 e non solamente fino al 31 dicembre 2015;
2) al secondo periodo del comma 13, vengano fatti salvi anche i diritti maturati in base alla legislazione vigente in relazione a eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno 2014;
e) rivedere le ipotesi di decadenza dalla DIS-COLL previste dall’articolo 15, al fine di renderle omogenee a quelle previste, con riferimento alla NASpI, dall’articolo 11;
f) precisare che le disposizioni di cui all’articolo 16, comma 2, relative all’individuazione dei beneficiari del nuovo assegno di disoccupazione, si riferiscano al periodo di sperimentazione di cui al comma 1, anziché al primo anno di applicazione della nuova normativa;
g) chiarire che il decreto legislativo in materia di politiche attive per l’impiego assicuri, in conformità al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 4, lettera p), della legge n. 183 del 2014, che la remunerazione delle agenzie per il lavoro sulla base del risultato ottenuto, di cui all’articolo 17, sia corrisposta in presenza dell’effettivo inserimento per un congruo periodo del lavoratore ricollocato.