UNA LEGGE CHE TUTELA GLI ORFANI DI DELITTI DOMESTICI

UNA LEGGE CHE TUTELA GLI ORFANI DI DELITTI DOMESTICI

L’Assembla della Camera dei deputati ha approvato, il 1° marzo 2017, la proposta di legge A.C. 3772, che mira a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico. Con questa legge si vogliono finalmente introdurre nel nostro ordinamento delle misure volte a garantire tutele più ampie per tutti coloro che restano orfani in seguito ad un delitto compiuto in ambito domestico, perché le istituzioni devono farsi carico delle conseguenze che tali crimini determinano sui figli delle vittime. La violenza domestica, gli omicidi domestici e i femminicidi sono un fenomeno diffuso, che lo Stato ha il dovere di contrastare, sul piano culturale e giudiziario. Al contempo le istituzioni devono farsi carico delle conseguenze che tali crimini determinano sui figli delle vittime, aggiornando il proprio quadro giuridico e definendo interventi in grado di dare risposte puntuali, affinché questi figli non siano orfani tre volte, per la perdita di entrambi i genitori e per l’indifferenza dello Stato.
Si parla di figli minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti di vittime di omicidi commessi dal coniuge (anche se legalmente separato o divorziato), dall’altro componente dell’unione civile (anche se questa è cessata) o da una persona con la quale la vittima stessa era legata attraverso una relazione affettiva ed una convivenza stabile.
Le cronache pressoché quotidiane si incaricano purtroppo di confermare quel che i dati e le statistiche dicono con chiarezza: nella grande maggioranza dei casi si tratta dei figli di donne vittime di femminicidio. Una ricerca presentata proprio alla Camera dei deputati lo scorso settembre ha evidenziato che in quindici anni, a partire dal 2000, sono stati oltre 1.600 i figli che hanno perso la madre per mano del padre o del convivente.
Si tratta di bambini, di ragazzi, di giovani che vengono colpiti da una doppia perdita, perché per loro viene meno sia il genitore ucciso sia quello autore del delitto, e che sono costretti ad affrontare sia il dramma di quanto accaduto – a volte addirittura assistendo al delitto – sia una serie notevole di problemi e di difficoltà pratiche ed economiche.
Uno dei casi più evidenti, che ha avuto peraltro un qualche peso nell’avvio del cammino che ha portato a questa legge, riguarda Vanessa Mele, una ragazza di Nuoro che nel 1998, quando aveva solo sei anni, rimase orfana della madre, uccisa dal padre. L’uomo, una volta scontata la pena, ha ottenuto di vedersi riconosciuta la pensione di reversibilità della moglie, togliendola così alla figlia, per la quale rappresentava peraltro l’unica fonte di reddito. “Pensate che assurdità – ha commentato Vanessa raccontando la sua storia – lo Stato che pagava un omicida con i soldi della vittima”.
È per evitare il ripetersi di casi come questo che si è scelto di intervenire con modifiche al codice civile, al codice penale, a quello di procedura penale e con altre disposizioni. Per tutelare nel modo più ampio ed efficace possibile quelli che sono stati definiti gli “orfani speciali” – la letteratura scientifica internazionale li chiama “special orphans” – di crimini domestici, costretti ad affrontare situazioni estremamente delicate e complesse dal punto di vista non solo psicologico, ma anche pratico e concreto. Ci si è posti lì obiettivo di anticipare, a favore dei figli della vittima di omicidio, una serie di tutele che attualmente il nostro ordinamento riconosce solo a seguito di condanna penale in via definitiva e solo a seguito dell’avvio di ulteriori procedimenti in sede civile, con grave penalizzazione degli orfani della vittima, che si vedono riconosciuti pienamente i propri diritti solo a distanza di decenni dal tragico evento che ha cambiato loro radicalmente la vita sia sul piano affettivo che sul piano delle prospettive di vita, anche economica.

Il campo di applicazione delle nuove tutele

GRATUITO PATROCINIO
L’articolo 1 della legge si propone di rafforzare la tutela dei figli della vittima già dalle prime fasi del processo penale, modificando il Testo Unico sulle spese di giustizia e consentendo loro di accedere al patrocinio a spese dello Stato a prescindere dai limiti di reddito.
Per i minori, così come per i maggiorenni economicamente non autosufficienti, il patrocinio gratuito andrà quindi a coprire i costi legati al processo penale e a tutti i procedimenti civili conseguenti alla commissione del reato, compresi i procedimenti di esecuzione forzata.

AGGRAVANTI DELL’OMICIDIO
Da rilevare che grazie ad un emendamento presentato dal Partito democratico è stato introdotta, con l’articolo 2, una modifica del codice penale che interviene sull’omicidio aggravato dalle relazioni personali.
Se prima i requisiti soggettivi per l’accesso alle aggravanti riguardavano solo ascendenti e discendenti diretti della vittima, vale a dire nonni, genitori e figli, ora la pena dell’ergastolo – e non più la reclusione da 24 a 30 anni – è prevista anche nei casi in cui la vittima di un omicidio è: il coniuge, anche legalmente separato; una delle due parti dell’unione civile o la persona legata all’omicida da relazione affettiva e convivenza stabili. Il testo approvato aggrava altresì la pena per l’omicidio del coniuge divorziato e della parte cessata dell’unione civile, reato ora punito con la reclusione da 24 a 30 anni. Fino ad oggi che uccideva il proprio coniuge poteva cavarsela con una pena di 11 anni; con la pena dell’ergastolo, prevista dal provvedimento approvato, pene così miti saranno impossibili.
Eliminando questa disparità di trattamento rispetto ad altri componenti della famiglia viene così superata una situazione che nelle parole della deputata del PD Fabrizia Giuliani, intervenuta in Aula in discussione generale, era “conseguenza di un retaggio culturale”, dimostrato dal fatto – solo per fare alcuni esempi – che nel nostro Paese solo dal 1968 l’adulterio femminile non è più considerato reato, che solo nel 1981 il “delitto d’onore” non è più riconosciuto nel diritto penale, che solo dal 1996 la violenza sessuale è reato contro la persona e non contro la moralità pubblica e il buoncostume.

SEQUESTRO CONSERVATIVO
La tutela dei figli della vittima rispetto al loro diritto al risarcimento del danno viene rafforzata già nella fase che precede l’accertamento definitivo della responsabilità penale dell’autore del reato.
L’articolo 3 della legge interviene infatti sul codice di procedura penale, là dove si disciplina (all’articolo 316) l’istituto del sequestro conservativo.
Con questa riforma, il Pubblico ministero che procede per omicidio – sempre del coniuge, anche separato o divorziato; della parte dell’unione civile, anche se questa è cessata; della persona legata all’imputato da relazione affettiva o stabile convivenza – ha l’obbligo di verificare la presenza di figli della vittima minorenni o maggiorenni economicamente non autosufficienti e di richiedere il sequestro conservativo dei beni dell’indagato in ogni stato o grado del processo, a garanzia del risarcimento dei danni civili subiti dagli stessi figli della vittima.

PROVVISIONALE
Sempre a tutela dei figli delle vittime rientranti nei casi sopra specificati e sempre intervenendo sul codice di procedura penale (questa volta all’articolo 539), in base all’articolo 4 della legge il giudice in sede di condanna e a prescindere dal carattere definitivo della stessa deve assegnare agli orfani a titolo di provvisionale – una somma di denaro liquidata a favore della parte danneggiata come anticipo sull’importo integrale che le spetterà in via definitiva – una somma non inferiore al 50 per cento del presumibile danno, che sarà liquidato poi in sede civile.
Questo per evitare quel che attualmente, in base alla normativa vigente, accade spesso, e cioè che dopo un lungo processo penale nel quale i figli si sono costituiti parte civile, alla condanna penale del genitore se ne accompagna una solo generica per quanto riguarda la responsabilità civile, cosa che per i diretti interessati comporta l’obbligo di avviare una nuova causa civile per ottenere la liquidazione del danno.
Da notare che se i beni dell’imputato sono già sottoposti a sequestro conservativo, il sequestro stesso si converte – in deroga all’articolo 320 del codice di procedura penale – in pignoramento con la sentenza di condanna in primo grado, nei limiti della provvisionale accordata.

INDEGNITÀ A SUCCEDERE
È invece sul codice civile (per la precisione sull’articolo 463) che interviene l’articolo 5 della legge, per evitare che nelle more del procedimento penale l’omicida possa conseguire, anche solo temporaneamente, l’eredità della persona che ha ucciso.
È stata infatti prevista la sospensione dalla successione, fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento, per il coniuge – anche legalmente separato – o la parte dell’unione civile iscritti nel registro delle notizie di reato per il delitto, consumato o tentato, di omicidio volontario. È il Pubblico ministero, compatibilmente alle esigenze di segretezza delle indagini, a comunicare senza ritardo alla cancelleria del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione l’avvenuta iscrizione nel registro, ai fini della sospensione.
Da sottolineare che è anche prevista la nomina di un curatore dell’eredità giacente e che l’indegnità a succedere viene applicata anche in caso di patteggiamento della pena. Misure, queste, che è previsto vengano applicate anche all’indagato per omicidio volontario di uno o entrambi i genitori, di un fratello o di una sorella.
Sempre l’articolo 5 interviene anche sul codice di procedura penale, attribuendo al giudice penale il compito – in sede sia di condanna, sia di patteggiamento della pena – di dichiarare l’indegnità a succedere, evitando così che gli altri eredi siano costretti a promuovere allo stesso scopo un’azione civile.

PENSIONE DI REVERSIBILITÀ
In modo analogo a quanto previsto per l’indegnità a succedere, l’articolo 6 stabilisce che all’imputato di omicidio venga sospeso il diritto alla pensione di reversibilità – così come il diritto a quella indiretta o all’indennità una tantum – a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio, anticipando cioè l’esito della sentenza di condanna. I figli della vittima minorenni o maggiorenni economicamente non autosufficienti sono quindi destinatari, senza obbligo di restituzione, per il periodo della sospensione e sino a quando sussistono i requisiti di legge per la titolarità in capo a loro del diritto allo stesso tipo di prestazione economica, della quota di pensione di reversibilità o indiretta ovvero dell’indennità una tantum del genitore per il quale è stata formulata la richiesta di rinvio a giudizio per l’omicidio volontario dell’altro genitore.

Per dar corso alla sospensione e all’eventuale subentro, al Pubblico ministero spetta, quando procede per il delitto di omicidio commesso contro il coniuge, anche legalmente separato o divorziato, nonché contro la parte dell’unione civile, anche se cessata, il compito di comunicare senza ritardo le relative disposizioni all’Istituto di previdenza.
Quando invece il giudice pronuncia una sentenza di condanna, dispone anche il pagamento a favore dei figli della vittima – sempre minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti – di una somma di denaro pari a quanto percepito dal condannato, a titolo di indennità una tantum ovvero a titolo di pensione di reversibilità o indiretta, sino alla data della sospensione.
In caso di archiviazione o di sentenza definitiva di proscioglimento la sospensione viene meno e al diretto interessato saranno corrisposti gli arretrati dal giorno della maturazione del diritto, fatto ovviamente salvo il caso, come sopra precisato, in cui la pensione sia stata goduta dai figli minorenni o maggiorenni economicamente non autosufficienti.
A rientrare nel campo di applicazione di queste disposizioni sono il coniuge, anche legalmente separato, separato con addebito o divorziato, quando sia titolare di assegno di mantenimento o divorzile, nonché la parte dell’unione civile, anche cessata, quando la parte stessa sia titolare di assegno.

ASSISTENZA ALLE VITTIME E AI LORO FAMILIARI
L’articolo 7 della legge assegna allo Stato, alle Regioni e alle Autonomie locali la possibilità di promuovere e organizzare l’assistenza pronta e gratuita delle vittime di reati intenzionali violenti e dei loro familiari, assicurando loro informazioni e sostegno psicologico, morale, sanitario, assistenziale, legale e finanziario, attraverso personale specializzato e appositamente formato. I diversi livelli territoriali di governo oltre a promuovere servizi informativi, assistenziali e di consulenza potranno favorire l’attività delle organizzazioni di volontariato che operano nel settore, coordinando tale attività con quella dei servizi pubblici; incentivare sistemi assicurativi adeguati a favore degli orfani dei crimini domestici; predisporre misure in grado di garantire loro il diritto allo studio e l’avviamento al lavoro; monitorare l’applicazione delle norme allo scopo di evitare processi di ulteriore vittimizzazione.
Le amministrazioni interessate provvederanno a tutto questo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Sempre a favore dei figli delle vittime rientranti nei casi più volte specificati, l’articolo 8 prevede che essi abbiano diritto ad una assistenza medico psicologica gratuita a carico del Sistema sanitario nazionale e per tutto il tempo necessario al recupero e al mantenimento del loro equilibrio psicologico. Anche ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica sarà, per loro, esente da partecipazione alle spese.

AFFIDAMENTO DEL MINORE
Un altro intervento che merita di essere sottolineato è quello che va a modificare la legge sulle adozioni, la n. 184 del 1983, per quanto riguarda la disciplina dell’affidamento del minore “temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo”. Ci si riferisce sempre, evidentemente, al minore che si trova in questa condizione perché uno dei suoi genitori è stato ucciso dal coniuge (anche legalmente separato o divorziato), dall’altro componente dell’unione civile (anche cessata) o dalla persona che era legata al genitore da relazione affettiva stabile. In questo caso, l’articolo 9 della legge prevede: che il tribunale, dopo aver effettuato tutti i necessari accertamenti, proceda con l’affidamento privilegiando la continuità delle relazioni affettive tra il minore stesso e i parenti fino al terzo grado; che in presenza di fratelli o sorelle il tribunale assicuri per quanto possibile la continuità affettiva tra gli stessi; che i servizi sociali, su segnalazione del tribunale, assicurino al minore sostegno psicologico e accesso a misure in grado di sostenere diritto allo studio e inserimento lavorativo.
FONDO DI SOLIDARIETÀ
A decorrere dal 2017, in base all’articolo 10 viene incrementata di circa 2 milioni di euro la dotazione del Fondo di rotazione per le vittime della mafia, dell’usura e dei reati intenzionali violenti, che viene destinato ora – con conseguente cambio anche della denominazione – anche agli orfani per crimini domestici.
Va specificato che almeno il 70 per cento dei 2 milioni di euro dovrà essere destinato agli orfani minorenni, mentre la restante quota potrà servire a coprire gli interventi a favore dei soggetti maggiorenni non economicamente autosufficienti. Spetterà ad un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro dell’interno, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, stabilire entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge i criteri e le modalità per l’utilizzazione delle risorse stanziate e per l’accesso agli interventi da esse finanziati.
DECADENZA DALL’ASSEGNAZIONE DELL’ALLOGGIO DI EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA
Grazie ad un articolo aggiuntivo proposto dal Partito democratico, gli autori di gravi delitti, consumati o tentati, di violenza domestica assegnatari di un alloggio di edilizia residenziale pubblica andranno incontro alla decadenza dalla relativa assegnazione in caso di condanna anche non definitiva o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale. Questo per una serie di reati, consumati o tentati, commessi all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio, di unione civile o da una relazione affettiva, indipendentemente dalla coabitazione, anche in passato, con la vittima (le altre persone conviventi non perderanno il diritto di abitazione e subentreranno nella titolarità del contratto).

Sempre grazie ad un articolo aggiuntivo del PD, gli orfani di vittime di crimini domestici potranno chiedere – con una procedura semplificata – di modificare il proprio cognome, nel caso questo sia lo stesso del genitore condannato in via definitiva. Nel caso in cui il figlio sia maggiorenne sarà lui stesso a fare domanda in tal senso, mentre per il figlio minorenne procederà il tutore, previa autorizzazione del giudice tutelare.


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